Cosa succede alla plastica che ricicliamo
La plastica, una volta che è stata prelevata dai cassonetti, viene
portata in centri dove viene divisa da vetro e ferrosi (se raccolta con
il sistema del multimateriale).
Viene poi portata in centri Corepla
dove un cilindro rotante seleziona il contenuto dei cassonetti,
smistando sacchetti e materiale volatile da bottiglie e flaconi. Poi,
raggi infrarossi dividono le plastiche in base al polimero e una
selezione manuale garantisce che i componenti raccolti in ogni balla
siano omogenei.
Ogni mese, con
un’asta telematica, la plastica così suddivisa viene acquistata dai
riciclatori e avviata alla seconda fase di lavorazione: ciascuna balla
viene smontata, lavata (in modo da eliminare le impurità, etichette
comprese) e ripulita di tutte le eventuali parti metalliche. Viene poi
tritata, sciacquata, centrifugata, essiccata e nuovamente tritata in
scaglie finissime o in granuli a seconda del polimero.
Con questo
processo tutta la plastica che buttiamo nei cassonetti torna a vivere
sotto altre forme: le bottiglie in Pet possono diventare tessuto, fodere
per abiti o pile, mentre il polipropilene, il famoso Moplen, può
trasformarsi in reti da pesca, in cavi, funi. E i flaconi dei detersivi,
che sono in polietilene ad alta densità, sono riconvertiti in tubazioni
per le fognature o isolanti per l’edilizia. Oppure tornano a essere
flaconi. La plastica è per sua stessa natura una risorsa: se raccolta e
riciclata correttamente restituisce tutto il potere del petrolio.
Purtroppo circa il 40% della mole complessiva ( quello che dagli addetti
ai lavori è chiamato plasmix ) viene bruciato negli inceneritori o nei
cementifici e solo una piccola parte ne viene riciclato (esiste un solo
impianto in tutta l’Italia, quello di Revet di Pontedera)
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